Le Bombe d’acqua

Bomba d’acqua”: è certamente la dicitura meteo – ambientale del momento, sentiamo ormai parlare tutti i giorni di minacce belliche da parte delle condizioni meteo, forse qualche volta anche un po’ a sproposito, ma vediamo a cosa si riferiscono (soprattutto) i giornalisti quando nominano questa nuova “arma non convenzionale”. Il fenomeno in realtà è sempre esistito ed è da tempo stato battezzato, tecnicamente per alcuni scienziati si chiama “flash flood” (alluvione lampo), per altri “cloudburst” (esplosione della nuvola), fatto sta che la dicitura tutta italiana, è esclusiva trovata ad effetto per descrivere degli eventi naturali che comunque negli ultimi anni hanno nuociuto parecchie vittime.

Le bombe d’acqua non sono altro che un ingente rovescio di acqua (superiore ai 30 mm l’ora) in un tempo relativamente breve su un territorio altrettanto limitato, spesso accompagnato da molti fulmini e talvolta anche da grandine. La loro complessa struttura è determinata dall’insieme di più celle temporalesche che si susseguono in forma continuativa l’una dietro l’altra facendo precipitare enormi quantitativi di acqua, spesso il corrispondente valore ordinario di più mesi in poche ore. Ma dove trovano origine questi terribili serbatoi d’acqua volanti? Partendo dal presupposto che la formazione delle nuvole e della pioggia sono determinate per la differenza di temperatura tra suolo e cielo, l’aria calda presente soprattutto a livello del mare, tende a salire verso l’alto, qui incontrando l’aria più fredda, condensa formando le nuvole, che poi possono dare origine alla pioggia, nel momento in cui la nube avrà raggiunto la propria saturazione. Più è alta la differenza di temperatura tra le masse d’aria che entrano in contatto, più si genereranno nuvole alte e cariche di acqua; conosciamo ormai il contesto generale in cui viviamo dove le temperature globali in virtù dell’effetto serra stanno crescendo a scala mondiale, e questo è un parametro importante per segnare l’incremento negli ultimi anni delle distanze termiche tra aria fredda e calda. Infatti, i mari,che trattengono il calore molto più che le terre, hanno avuto negli ultimi anni un forte incremento delle temperature, situazione che ha portato nelle ultime stagioni autunnali (ma il fenomeno è prerogativa delle stagioni di passaggio, dunque anche della primavera) un maggiore contrasto tra la temperatura di questi e quella più fredda dell’aria e della terra. Se aumentano le distanze tra i valori, aumenta l’energia da dissipare, che comporta un incremento dell’intensità dei fenomeni atmosferici. La manifestazione di questi fenomeni su aree ristrette, spesso già di per sé fortemente condizionate da un alto rischio idrogeologico (come del resto quasi la metà del territorio nazionale), amplifica l’effetto della caduta della “bomba d’acqua”, generando i disastri a noi noti. In particolare, se si considera che in generale, le nostre latitudini comportano un buon riscaldamento anche delle montagne, che contribuiscono ad aggiungere aria più calda a quella del mare e che le correnti calde continentali in senso più ampio procedono generalmente dall’Atlantico verso est, segnalano i territori occidentali come quelli maggiormente a rischio, specialmente quelli caratterizzati da una stretta ed incisa orografia (Liguria in primis, Toscana). Se a tutto aggiungiamo una spolverata di errato sfruttamento del territorio (piane alluvionali fortemente antropizzate, alvei costruiti e ristretti, disboscamenti, agricoltura intensiva), ci ritroveremo una bomba in realtà già presente a terra, l’acqua che cade diventa esclusivamente la miccia che si accende e fa esplodere una condizione già ben predisposta e preparata.

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